"Il nostro ospedale" di Don Francesco Palaia
L’apertura dell’Ospedale Psichiatrico in Girifalco risale alla seconda metà del secolo passato. L’Italia, raggiunta la sua indipendenza e la sua unità, attraversava un periodo di assestamento. Già, fin dagli anni 1866, ad opera del Governo laico, si era creato un dissidio tra la Chiesa e lo Stato. Soppressi, per la maggior parte, gli Ordini Religiosi, se ne erano incamerati tutti i loro beni, non esclusi i numerosi Conventi, di cui era costellata la nostra bella Italia.
Anche Girifalco vide allontanarsi i suoi Frati Minori, i quali, fin dal 1600, sotto la protezione della Duchessa Margherita Caracciolo e del suo consorte il Duca Fabrizio, tanto bene avevano operato in mezzo al nostro popolo, che, in quei tempi, non si diversificava tanto dai miserevoli servi della gleba.
Il Comune di Girifalco, in forza delle leggi eversive, diveniva proprietario della Casa dei nostri Monaci. Fu precisamente in quel periodo che le nostre Autorità Provinciali ebbero l’idea di creare un Ospedale Psichiatrico, un Manicomio, nel comprensorio della Provincia di Catanzaro.
Dire “Manicomio”, per quei tempi, era come dire un ospizio di pericolosi forsennati o, peggio, spaventevoli invasati dal demonio.
Perciò, il comune di Serra San Bruno, tra gli altri, fu il più deciso ad opporsi che il progettato Manicomio sorgesse nel suo territorio.
Reggeva, in quel tempo, la nostra Amministrazione un uomo, dalla fervida intelligenza e dal pronto intuito, il Prof. Antonio Migliaccio, il quale, senza esitare un istante, offerse il vecchio Convento come sede del progettato Ospedale e presago del tempi, quasi a rendere vani i tentativi di futuri nuovi pretendenti, per mezzo di una intelligente Convenzione (purtroppo per l’incuria e l’insipienza degli uomini ora smarrita) stabiliva che la creazione dell’Ospedale Provinciale in Girifalco doveva essere inamovibile e perpetua, pena Ìa perdita da parte della Provincia, di ogni bene, mobile e immobile in favore del Comune di Girifalco. Così nasceva l’Ospedale Psichiatrico in Girifalco.
Passarono ormai molti anni, ma si è creata una storia.
Come accade per tutte le nuove istituzioni, così avvenne per il nostro “Manicomio”.
Si allestirono, adattandoli, i vecchi locali del Convento e l’Ospedale diventò presto una realtà. Ma all’entusiasmo del Sindaco Migliaccio non fece riscontro, almeno per quel primo tempo, il favore della popolazione.
E non c’è da meravigliarsi se si pensi alla mentalità del popolino, il quale pensava con terrore all’ammalato di mente, come ad un essere estremamente pericoloso, e quindi da tener lontano e, possibilmente, anche incatenato. Infatti, con difficoltà si riusciva a rintracciare il personale Infermieristico, mentre tutto contribuiva a rendere l’ambiente tetro e pauroso.
Sul frontone stava scritto “Manicomio Provinciale”; le finestre assicurate da inferriate; i cortili recintati da grosse cancellate di ferro; celle oscure per i più furiosi; la camicia di forza ecc. ecc., tutto contribuiva a rendere il Manicomio inviso e repellente. Ne valeva, ad attenuarne la paura, la scritta che si era apposta sulla soglia dell’ingresso principale: “Sanus egredieris”.
Era tale, nel suo sorgere, l’aspetto del Manicomio Provinciale in Girifalco.
Del resto non si differenziava dagli altri Ospedali del genere: quando l’ammalato,di mente era considerato, per la perdita dell’uso di ragione, un essere abbrutito, pericoloso e, per questo, da segregare dalla comune convivenza. Noi ricordiamo appena gli ultimi anni di quella che fu la prima fase del nostro Manicomio, e, per questo, siamo i più qualificati per giudicarne la sua evoluzione, il progressivo miglioramento che andò sempre di pari passo con i progressi della psichiatria.
In una sala del nostro Ospedale si conserva il ricordo fotografico dei vari Direttori che si succedettero nella Direzione del grande Istituto, da Tonnini, Maragliano, Silvio Venturi, Romano Pellegrini, Bernardp Frisco, Puca, Fragola, Curti, Stefanachi, Bernardini, Pariante fino all’attuale Prof. Peppino Spadaro.
È una lunga serie di autentici scienziati che hanno illustrato l’Ospedale Provinciale di Catanzaro in Girifalco. Col passare degli anni si costruirono i nuovi padiglioni, né mancarono i vari Amministratori Provinciali di dotare l’Istituto di una sufficiente attrezzatura scientifica.
Agli inizi del secolo, è certo che il nostro Ospedale si era già collocato tra i primi d’Italia, se pensiamo che nel 1907, inaugurandosi le novità fino allora apportate, sulla lapide dedicata all’opera di Silvio Venturi, indiscusso pioniere della psicanalisi e degli avanzamenti nel campo della psichiatria, si poteva affermare che Egli “le forti genialità del pensiero moderno precorse arditamente”, mentre “del tetro antico Manicomio fece asilo sacro alla carità e alla scienza”.
E il cammino non si arresta.
Arriviamo alla Direzione del Prof. Bernardo Frisco.
L’Ospedale si rinnova ancora di più, diventa davvero un Tempio.
Coadiuvato dall’indimenticabile dott. Vincenzo Fragola, che poi ne continuò fedelmente l’opera, ottiene l’esproprio di un grande comprensorio, l’orto Cummis, di proprietà della Famiglia Destefani, e crea per la prima volta, una fiorentissima colonia agricola, per la quale gli ammalati escono finalmente all’aria aperta e trovano nel lavoro sollievo e spesso anche la guarigione.
In questo periodo il lavoro diventa la cura più efficace per tutti gli ammalati, perché, accanto alla colonia agricola, ecco il telaio, per le donne, e la fabbrica delle stuoie, la coltivazione del baco da seta, la sartoria, la calzoleria, la fabbrica della pasta e del pane, la fornace per i laterizi, l’allevamento dei maiali, il pollaio, la stalla con le mucche, la tipografia, insomma l’ospedale dava l’impressione di un gioioso cantiere, nel quale ogni ammalato prendeva spontaneamente la parte che più gli si confaceva.
Col Direttore Fragola si aggiunge l’assunzione delle Suore e finalmente l’assistenza religiosa mediante la nomina del Cappellano.
È una storia che non dispiace, certo, quella del nostro Ospedale, e penso che pochi altri presentano un aspetto quasi familiare come il nostro.
Non serve ricordare, poi, che l’Ospedale Psichiatrico per Girifalco rappresenta una fonte inestimabile di benessere. Oggi questo può dirsi anche per tutti i paesi limitrofi, perché il personale viene assunto da tutti i Comuni circonvicini, mentre, fino a pochi anni addietro, per la primitiva convenzione il personale infermieristico doveva essere nativo di Girifalco, con un altro particolare per le donne, che dovevano essere nubili.
L’augurio che dobbiamo farci è che il nostro Ospedale non si arresti mai nella sua corsa verso il maggior sollievo nei riguardi dei nostri fratelli colpiti dal più duro dei dolori umani.
Un pegno delle maggiori ascensioni noi lo riscontriamo nei propostii arditi e geniali dell’attuale Direzione. Prendiamo atto, Illustre e Caro Prof. Peppino Spadaro, del Vostro programma di lavoro.
Voi, in linea con la scienza moderna, avete intuito che la libertà è, quasi sempre, l’ansia irrefrenabile dell’ammalato di mente. Perciò avete finalmente aperto le porte dell’ospedale-prigione, e, con le debite precauzioni, avete permesso ai vostri ricoverati di respirare all’aria libera.
Il Prof. Pariante ne diede l’avvio, quasi dandone timidamente l’accenno della nuova terapia; Voi avete abbattuto tutte le cancellate di ferro e avete dato ai vostri ammalati il messaggio che tutti gli ammalati si attendono, ma che, in particolare, gli ammalati di mente sospirano, “esci fuori all’aria aperta, respira liberamente l’aria luminosa, ti sentirai meglio, guarirai presto”.
Adesso rivedremmo volentieri scritto sulla soglia principale dell’Ospedale “Sanus egredieris”, perché, al di sopra dei farmaci, purtroppo, l’infermità mentale, trova sollievo e spesso guarigione nella terapia della libertà, specialmente, come si è sperimentato, se si accoppia a quella del lavoro e del discorso, la ergoterapia e la logoterapia.
L’augurio che la Sua Direzione, Egregio Prof. Spadaro, porti il nostro Ospedale ai fastigi della scienza e del conforto umano.