Origine del nome "Girifalco"
a cura di Vincenzo Giampà - Falco
È possibile se non probabile quindi che il nome GERFALC sia stato dato dai Normanni (provenienti dalla Normandia e dalla Francia Settentrionale) che quando occuparono Squillace cacciando i Bizantini sicuramente notarono che sulla rupe dove sorgeva l'antica Girifalco (l'attuale Pietra dei Monaci del Rione Pioppi vecchi) volteggiavano dei falchi, i nostri comuni "Cristarieddi" ( gheppio o falco Tunniculus) o i più rari Falco Pellegrino che erano sicuramente numerosi, come altra selvaggina, nella nostra zona nel Medioevo non essendovi il pericolo delle doppiette e dell'inquinamento dell'ambiente come oggi.
Diedero il nome Gerfalc alla rupe scoscesa dove volteggiavano qui falchi forse in ricordo della loro terra d'origine dove probabilmente esisteva, nella parte più bassa un "VICUM" romano. E' rimasto solo il toponimo "VICU" (attuale proprietà Strumbo) a indicare un villaggio popolato da pastori e agricoltori e posto su un'importante via di transumanza del bestiame e il toponimo Santa Dominica che deriva da un ante Dominicus = prima (della casa) del Signore ( non da una Santa Domenica di cui non vi è traccia di chiese o altro come sostiene qualcuno).
Il nome di Gerfalc è stato poi latinizzato con modifica delle iniziali GI con CI (fino alla fine del 13° secolo nella nostra zona si parlava comunemente il greco anche nelle funzioni religiose di rito greco con i Papas, spesso sposati, al posto dei preti latini imposti successivamente) in Cerfarcu o Cirifalchi.
In latino CICERO si pronunciava Kikero, Gyrus, Gemma si pronunciavano Ghirus, Ghemma .
Con il tempo prevalse la pronuncia palatale CI- CE – GI- GE e quindi Cirifarchu è una velatura dell'originario Ghirifarchi o gherfarch che non ha nulla da spartire con lo Ierax di Gerace. Nel 1295 Principe di Squillace era Giovanni di Monfort.
Secondo G. Fiore (Della Calabria illustrata)” “ Ai tempi di Manfredi era questa terra di un tal Annibale Cavaliero spagnuolo il quale per servitji fatti alla corona, se l’havea meritata dalla liberalità di quel Principe e, per il lungo possesso, ne prese il cognome di Girifalco. Gli successe Annibale suo figliolo per la cui morte senza prole gli viene in filo Antonino suo fratello il quale forse per l’aderenza altre volte avuta con la parte di Manfredi, mandato in esilio da Carlo 1° (d’Angiò) cadde la terra (di Girifalco) in Patrimonio Reale” .
Da questo documento emerge indirettamente anche il fatto che Girifalco fino allora era rimasto di proprietà ( Difesa) Regia non essendovi traccia di infeudazioni precedenti in favore di qualcuno fin dalla conquista Normanna. Solo nel 1071 Roberto il Guiscardo di passaggio per la Sicilia riceveva la sottomissione della ribelle Squillace.
La sede vescovile di Squillace fu ripristinata nel 1096 dal conte Ruggero che la uni a quella di Stilo “ Siniliter postquam Squillacium habuit, Episcopum Squillacino coniunxit”- Nello stesso anno avvenne la latinizzazione del Vescovato di Squillace. Il conte Ruggero e la moglie Adalasia tra le altre concessioni fatte a detta chiesa, d’uomini e di territorio, concessero: ” presbyteros greco cum filiis e filiabus eorum” cioè i preti sposati di rito greco e i loro figli nonché “ omnes leges episcopale set faciendum justitiam secundum canone set santione patrunum tam de greci quam de latinis” e inoltre “ integram decimam de omnibus rebus tam de animalibus quam de victualibus, et auro, et argento et de omnibus castelli set civitatibus” compresi in detto vescovato. Alla stessa Chiesa Adalasia concedeva " Ecclesiam Sanctae Mariae de Roccella ( sita a Roccelletta di Borgia) cum omnibus pertinentiis, terris culti set incultis, etnemoribus, villanis etc…”.
Da quanto sopra è chiaro che almeno fino al 1096 il Vescovato di Squillace (Katholiki ekklisìa) e il suo territorio dipendente) era di rito Greco dove si parlava in greco e dove i preti potevano sposarsi ed avere figli.
Tali privilegi ed altri ancora furono confermati nel 1196 dall’imperatrice Costanza la quale concedeva inoltre al Vescovo la facoltà di giudicare gli adulterii che si commettevano nella propria diocesi meno il caso che l’adulterio fosse commesso allo scopo di offendere o con la violenza.
Nel territorio di Squillace Ruggero arricchi il Monastero di San Gregorio di Staletti e fondò quello di San Nicola di Mariota o Maliota (da extra Moenia= fuori le mura...di Squilllace) posto al di fuori di Squillace nel territorio dell’attuale Amaroni.
Prosegue il Fiore “ Nei secoli appresso, cioè sotto Ferdinando il Vecchio vi ritrovo signore (di Girifalco) Luigi di Longobucco suo consigliero ma non se v’havesse successione”. G. Fiore è il primo autore che cita il nome di Girifalco in un testo scritto.
E' solo un’ipotesi in quanto ritengo che il nome può essere stato dato in periodo più antico e sia di origine greco bizantina o di derivazione araba ( I saraceni occuparono, con alterne vicende, Squillace e le zone circostanti per circa un secolo) per vari motivi.
Per chi volesse saperrne di più riporto una scheda riguardante il GERFALC (Falco Rusticolus) - Falco rusticolus Girifalco
Girifalco viene dal francese antico gerfalc. Lungo più di mezzo metro, il girifalco è presente, con più razze (p. es. islandus, candicans), nelle zone boreali. Il piumaggio è grigio con macchie più scure sul capo, grigio-marrone con fasce bianche superiormente, in prevalenza bianco, con macchie più scure, inferiormente; talora può avere una fase di piumaggio completamente bianca. Per le sue caratteristiche di maneggevolezza e prontezza di apprendimento, il girifalco è stato uno degli uccelli più largamente impiegati nella falconeria , ma la sua cattura e il suo impiego erano privilegio esclusivo dei nobili di altissimo rango. Girifalchi singoli o in coppia erano addestrati in particolare per la caccia alla gru.
Il girifalco, uccello a distribuzione settentrionale, è specializzato nella caccia in terreni aperti, come la tundra, o poco boscosi. Pertanto le sue prede includono una grande varietà sia di uccelli sia di mammiferi e, fra i primi, numerose specie terricole. La tecnica di caccia del girifalco si basa sulla ricerca attiva, effettuata con volo alternatamente battuto e planato, veloce e spesso a quota molto bassa, seguendo il profilo del terreno e aggirando gli ostacoli per sorprendere le prede allo scoperto. Con questa tecnica il falco si rende, infatti, visibile solo all'ultimo momento. Adocchiata la preda, che può tentare la fuga, il falco accelera il volo inseguendola per la via più diretta e, ghermitala con gli artigli, la finisce immediatamente con un potente colpo di becco dietro il capo. Se un uccello si alza in volo, viene raggiunto, colpito, fatto precipitare e anch'esso finito a terra. Gli attacchi falliti vengono ripetuti con insistenza e solo gli animali capaci di rapidi scarti di direzione durante la fuga hanno qualche probabilità di scampo, dato che il girifalco, per la conformazione delle ali, lunghe e appuntite, e della coda, piuttosto breve, è molto veloce ma poco manovriero.
Di regola silenzioso, tranne che nella stagione della cova, il girifalco non tradisce mai la sua presenza, accrescendo così il fattore sorpresa nella caccia. Le prede vengono mangiate sul luogo della cattura e, a seconda dello stato di nutrizione del falco, possono essere consumate interamente, inclusi becco, ossa e una quantità di piume, o limitatamente alle parti più carnose.
Fortemente aggressivo, il girifalco accetta nel proprio territorio solo la compagna, con la quale pare conviva per tutta la vita. A seconda della disponibilità di cibo la coppia di girifalchi si mantiene a una distanza dalle altre coppie che può anche superare i trenta chilometri. Per nidificare sceglie luoghi protetti sulle scogliere o sugli alberi, in questo caso utilizzando il nido abbandonato di un altro uccello, in genere un corvide o un falconiforme, e poiché di solito i luoghi adatti alla nidificazione abbondano, può adottare siti diversi, alternandoli di anno in anno.
Le uova, di solito tre o quattro, sono deposte prima della stagione del disgelo e pertanto sono continuamente covate dalla madre, che in questo periodo viene nutrita dal maschio. Questo continuerà a cacciare per tutta la famiglia, dopo la schiusa delle uova coadiuvato anche dalla femmina, fino all'involo dei giovani, che avviene verso luglio, all'età di un paio di mesi. I giovani compiranno il loro apprendistato di cacciatori nel periodo in cui la fauna è abbondante, in quanto arricchita dai molti animali giovani nati in quella stessa stagione. Essi verranno tollerati nel territorio dei genitori fino all'autunno, alla fine del quale, scacciati, dovranno sopravvivere con i propri mezzi, di solito spostandosi per l'inverno in aree più meridionali."
GIRIFALCO (Dialetto CIRIχARCU) origine del nome
Per capire le origini di un toponimo occorre innanzitutto partire dalla sua definizione dialettale CIRIχARCU o CIRIFHARCU e non da quella (latinizzata e poi italianizzata) attuale di GIRIFALCO. Da ciò la differenza di origine da quello di Gerace (nome arabo Giragich) da ierax= sparviero.
Fare derivare il nome dal Falco “Girifalco” come detto nel post precedente potrebbe essere errato in quanto questo particolare falco vive solo nel nord della Francia e in Gran Bretagna e non è presente nel nostro territorio che ha altri tipi di Falchi come potrebbero essere errate o perlomeno non provate le connessioni con la passione di Federico II per la Falconeria del Re Federico II.
ORIGINE GRECO-LATINA
Nel territorio di Girifalco fino all’occupazione Normanna si parlava una lingua che mescolava l’originario greco bruzio con la lingua latina o addirittura, per un certo periodo come esporrò in un altro post, l'arabo per la pressoché sicura presenza di un insediamento di saraceni (e relative famiglie) sconfitti e deportati provenienti da tutta la Calabria e utilizzate come truppe mercenarie dai Normanni, dagli Svevi e dagli Angioini nelle loro guerre come avvenne nel Comune di Lucera in Puglia.
Nemmeno la lunga occupazione romana è riuscita a cancellare i numerosi vocaboli di origine greca che resistono ancora oggi non solo nel dialetto ma anche nei nomi dei luoghi. Anche nella religione era utilizzata la lingua greca dai Papas che erano i preti del clero inferiore ammogliati di rito greco. Ruggero il Guiscardo ingrandì e riorganizzò il monastero greco di San Gregorio taumaturgo di Staletti e ne fondò uno nuovo quello di San Nicola di Mariota o Maliota sito nel Comune di Amaroni. Nel 1096 e successivamente ottenne dal Papa Urbano II il privilegio dell’autorità ecclesiastica di legato a Latere, e tolse la giurisdizione sui vescovi del Patriarca di Costantinopoli per rimetterla sotto di quella di Roma come era prima dell’Imperatore bizantino Leone Isaurico. Nello stesso anno il Conte Ruggero ripristinò la sede Vescovile di Squillace unendola a quella di Stilo “similiter, postquam squillaceum habuit, episcopium squilllacino coniunxit”. Conseguentemente i Papas del territorio vescovile di Squillace dovettero progressivamente adeguarsi e sottomettersi alla Chiesa di Roma adottando il Rito Latino e non più quello ortodosso greco. La cosa non avvenne in modo indolore tanto è vero che fra la Chiesa Greca (abbandonata da Bisanzio) e latina gli scontri (spesso sanguinosi dato che i Vescovi allora portavano e "usavano" la spada e non andavano tanto per il sottile nell'osservare i comandamenti e i loro interessi "materiali") erano continui e frequenti In un privilegio del 1160 di Papa Pasquale II del 1960 (citato dal Russo nel suo Regesto Vaticano) per quanto riguarda il Vescovato di Squillace è detto che finalmente si era stato potuto occupare dai preti Latini: ” Tam ex illa Squillace quam ex ceteris calabro rum ecclesiis, tyrannica cessavit invasio”.
Gli importanti e vicini monasteri di S. Cosma e Damiano (Cortale), S.Maria di Maliota o Mariota (Amaroni) e S. Gregorio (Staletti) erano tutti occupati da monaci Basiliani di rito greco e, solo formalmente ( per amor di pace), sottoposti alla Chiesa di Roma almeno nell’XI e XII secolo.
Una prima ipotesi di origine greco latina fa derivare il nome di Ciriχarcu dal greco Gips- Gipòs = Piccola aquila- Fortilizio su un picco o da kirkos = specie si sparviere che vola a ruota + falcone che deriva dal diminutivo greco Akulion>Alkion>falcone> falco = piccola Aquila con l'aggiunta di Acies=milizia o arx = castello.
Tale interpretazione indica non solo il nome ma anche la destinazione del luogo come fortificazione o posto fortificato. Le fortezze romane che ospitavano le legioni poste in alto si chiamavano aquile o aquiline.
Da questo può essere fatta l’ipotesi, molto discutibile dato che il territorio di Girifalco in epoca Romana era coperto pressoché totalmente da vegetazione mediterranea e boschi impenetrabili con scarsa popolazione di agricoltori e pastori, che quando esisteva ancora la Scolacium romana allo scopo di difendere le terre assegnate ai legionari dalle incursioni dei Bruzi ribelli i Romani avessero fatto per questo sull’antica Girifalco sulla “pietra dei monaci” una fortificazione. Non vi è traccia, infatti, di assegnazioni fatte a legionari in epoca romana nel territorio di Girifalco anche se è possibile supporre che, perlomeno, la vallata della Caria fosse parte della vastissima proprietà (latifondo) di Cassiodoro e destinata all'allevamento di cavalli.
Ci sono ancora però alcuni toponimi vicini a detta fortificazione e alla Rupe del Rione Pioppi che fanno riflettere:
• “ sutta l’arcu” che deriva da sub= sotto +Acies=milizia o arx = castello. Il Merarches in epoca bizantina era il comandante di una divisione di cavalleria.
• “ Santa Domenica” (=ante Dominus) che indica un terreno demaniale (greco kyrìaka) e non certo una Santa che non esiste nell’elenco dei Santi della Chiesa Cattolica a meno di non alludere ad una Santa Domenica di Tropea martirizzata, pare, all'epoca di Diocleziano. Stupirebbe comunque che si fosse dato un toponimo di una Santa latina in luogo completamente sottoposto al rito greco Bizantino. Di questa ipotetica Chiesa non vi è traccia nelle Bolle Pontificie del Regesto Vaticano del Padre Russo nelle quali venivano nominati tutti i preti delle chiese e gli abati dei monasteri. Nella lettura popolare questo terreno demaniale si trasformò in Santa Domenica traducendo in latino il termine greco kiriatè in Domenica;
• “Vicu” dal latino vicum che già in epoca romana contrassegnava l’esistenza di un villaggio; In epoca tardo Romana un VICUS era formato dall’unione di più case di campagna. Due o più VICUS formavano un PAGUS privo di mura. Due o più PAGUS circondati da mura costituivano una CIVITAS. Per le pubbliche risoluzioni tutti gli abitanti si riunivano nel foro ( CONCILIABUM) che durarono finché non arrivarono i romani.
Molti diplomi di epoca normanna contengono delle concessioni a Monasteri o Vescovi di un certo numero di Villani e poveri ( Choratai o Penites) portati qualche volta da altre zone e destinati a formare una cultura (negli atti in greco Kultura da cui deriva forse il toponimo Cuturi vicino a contrada Romano che deriva da Romaioi (come si autodefinivano i Bizantini) o dall’arabo Rum (usato per definire i Bizantini). I “Cinturati o Cinturi” erano milizie cittadine non regolari di istituzione Bizantina al tempo delle invasioni Saracene (Pontieri –fra i Normanni-109). I Milites Conterati erano preposti a difendere le città e le fortezze (Kastra) e di accorrere a richiesta dello Stratega o del Conte in loro aiuto al di fuori del proprio territorio“ La nobiltà indigena…fornisce ….. i comandanti di Conturi o Contarati cioè di quelle milizie locali che poi i Normanni dissero Conterati ( Pochettino- Longobardi 417). Questo sistema di servitù feudale era già presente in epoca bizantina anche se fu legalizzato in epoca normanna. I capi dei Villaggi (Chorion) spesso proprietari dei terreni circostanti erano denominati capodechorion, Gherion (dal latino senior) o Stratiotis (dal latino Miles) ed erano riconosciuti come autorità locale subordinato al Catapano che rappresentava l’imperatore Bizantino. Anche i preti Greci ( Papas) spesso sposati non erano immuni a queste donazioni servili. Già nell’antica Roma all’epoca di Augusto si iniziò la consuetudine di formare Coorti Praesidiarie con elementi reclutati sul posto. Già al tempo dell’Imperatore Massimiano il titolo di DUX era un appellativo onorifico e i ducati erano vastissime estensioni terriere costituite con la trasformazione delle piccole proprietà in latifondi. Il DUX o DUCTOR deriva dal Lux amministratore politico militare di epoca Diocleziano.
• “San Vicianzu” che deriva da Ante = prima +Vincus = specie di fortezza naturale. Tale località viene prima della rupe con sopra la fortificazione e si trova immediatamente sotto la frupe del rione Pioppi;
• “Taduasi” che non ha niente a che vedere con l’imperatore Teodosio ma deriva dal greco toikos =Mura + sùseis= verso occidente o da susis = scos = tramonto. Quindi Taduasi significa mura occidentali rivolte verso il tramonto e questo fa supporre l’esistenza di una fortificazione fatta in muratura o con una palizzata di legno a protezione della rupe dove probabilmente vi era una torre d’avvistamento (vi sono tracce di un pozzo circolare, oggi riempito di terra, sulla parte più alta della Pietra dei Monaci nel Rione Pioppi) riportata sullo stemma del comune di Girifalco.
Da notare che il verbo greco Teiχixo significa fortificare con un muro.
• “Sutta a scaledda” dal latino Sub= sotto+ Acies= milizia + desinenza diminutiva Etta o sub+ arx = castello+ etta che indica la strada posta sotto Rione Pioppi che porta alla località Caria.
• “ Pietra dei Monaci” luogo in cui si trovava la fortificazione dal greco petra= pietra + Amyno= difendo o amynikos= difensivo. Quindi pietra posta a difesa o pietra difesa.
• “Cannavu” che deriva dal greco Kannabion =magazzini militari che probabilmente servivano per le provviste di grano. Non risultano coltivazioni di Cannabis o canapa.
• Grutta de Scarpellini dal franco skara = schiera + greco Palaios =antico o + polìtsion= piccola città
Altra interpretazione farebbe derivare in termine Cirifharcu dal greco kairos= abitato che tradusse in greco bizantino il preesistente nome latino VICUM ma è difficile stabilire se questo termine può essere collegato o attribuito al villaggio bizantino esistente in località Carìa (Chorion= villaggio o karion = luogo di noci) o a Girifalco dove presumibilmente si rifugiò parte gli abitanti di questo Chorion a seguito delle invasioni barbariche e delle incursioni saracene o, cosa più probabile, per sfuggire alla malaria trasmessa dalla zanzara anofele che imperversava, con effetti mortali, nei luoghi pianeggianti con presenza di acquitrini e fiumi come nel caso della località Caria molto vicina al fiume Ghetterello. Potrebbero anche essere esistiti due villaggi (chorion) diversi di cui fu abbandonato solo quello esistente in località Carìa mentre quello sulla rupe del rione Pioppi, posto in luogo più elevato, ventilato, salubre, difendibile e ricco di sorgenti continuò ad esistere.
La più nota interpretazione, molto discutibile e comunque non documentata, farebbe derivare Cirifharcu dal greco Kir = signore (in latino Dominus) + Falcus che significherebbe che il posto sarebbe stato di proprietà di un “Falcus”.
si era stato potuto occupare dai preti Latini: ” Tam ex illa Squillace quam ex ceteris calabro rum ecclesiis, tyrannica cessavit invasio”.
Gli importanti e vicini monasteri di S. Cosma e Damiano (Cortale), S.Maria di Maliota o Mariota (Amaroni) e S. Gregorio (Staletti) erano tutti occupati da monaci Basiliani di rito greco e, solo formalmente ( per amor di pace), sottoposti alla Chiesa di Roma almeno nell’XI e XII secolo.
Una prima ipotesi di origine greco latina fa derivare il nome di Ciriχarcu dal greco Gips- Gipòs = Piccola aquila- Fortilizio su un picco o da kirkos = specie si sparviere che vola a ruota + falcone che deriva dal diminutivo greco Akulion>Alkion>falcone> falco = piccola Aquila con l'aggiunta di Acies=milizia o arx = castello. Tale interpretazione indica non solo il nome ma anche la destinazione del luogo come fortificazione o posto fortificato.
Le fortezze romane che ospitavano le legioni poste in alto si chiamavano aquile o aquiline.
Da questo può essere fatta l’ipotesi, molto discutibile dato che il territorio di Girifalco in epoca Romana era coperto pressoché totalmente da boschi impenetrabili con scarsa popolazione di pastori, che quando esisteva ancora la Scolacium romana allo scopo di difendere le terre assegnate ai legionari dalle incursioni dei Bruzi ribelli i Romani avessero fatto per questo sull’antica Girifalco sulla “pietra dei monaci” una fortificazione. Non vi è traccia, infatti, di assegnazioni fatte a legionari in epoca romana anche se è possibile supporre che il territorio di Girifalco o, perlomeno, la vallata della Caria fosse parte della vasta proprietà (latifondo) di Cassiodoro e destinata all'allevamento di cavalli.
Ci sono ancora però alcuni toponimi vicini a detta fortificazione e alla Rupe del Rione Pioppi che fanno riflettere:
• “ sutta l’arcu” che deriva da sub= sotto +Acies=milizia o arx = castello. Il Merarches in epoca bizantina era il comandante di una divisione di cavalleria.
• “ Santa Domenica” ( ante Dominus) che indica un terreno demaniale (greco kyrìaka) e non certo una Santa che non esiste nell’elenco dei Santi della Chiesa Cattolica a meno di non alludere ad una Santa Domenica di Tropea martirizzata, pare, all'epoca di Diocleziano. Stupirebbe comunque che si dia un toponimo di una Santa latina in luogo completamente sottoposto al rito greco Bizantino. Di questa ipotetica Chiesa non vi è traccia nelle Bolle Pontificie del Regesto Vaticano del Padre Russo. Nella lettura popolare questo terreno demaniale si trasformò in Santa Domenica traducendo in latino il termine greco kiriatè= Domenica;
• “Vicu” da vicum che già in epoca romana contrassegnava l’esistenza di un villaggio; In epoca tardo Romana Un VICUS era formato dall’unione di più case di campagna. Due o più VICUS formavano un PAGUS privo di mura. Due o più PAGUS circondati da Mura costituivano una CIVITAS. Per le pubbliche risoluzioni tutti gli abitanti si riunivano nel foro ( CONCILIABUM) che durarono finché non arrivarono i romani. Molti diplomi di epoca normanna contengono delle concessioni a Monasteri o Vescovi di un certo numero di Villani e poveri ( Choratai o Penites) portati qualche volta da altre zone e destinati a formare una cultura ( negli atti in greco Kultura da cui deriva forse il toponimo Cuturi vicino a contrada Romano da Romaioi come si autodefinivano i Bizantini o dall’arabo Rum usato per definire i Bizantini). I “Cinturati o Conturi” erano milizie cittadine non regolari di istituzione Bizantina al tempo delle invasioni Saracene ( Pontieri –fra i Normanni-109). I Milites Conterati erano preposti a difendere le città e le fortezze (Kastra) e di accorrere a richiesta dello Stratega o del Conte in loro aiuto al di fuori del proprio territorio“ La nobiltà indigena…fornisce ….. i comandanti di Conturi o Contarati cioè di quelle milizie locali che poi i Normanni dissero Conterati ( Pochettino- Longobardi 417). Questo sistema di servitù feudale era già presente in epoca bizantina anche se fu legalizzato in epoca normanna. I capi dei Villaggi (Chorion) spesso proprietari dei terreni circostanti erano denominati capodechorion, Gherion (dal latino senior) o Stratiotis (dal latino Miles) ed erano riconosciuti come autorità locale subordinato al Catapano che rappresentava l’imperatore Bizantino. Anche i preti Greci ( Papas) spesso sposati non erano immuni a queste donazioni servili. Già nell’antica Roma all’epoca di Augusto si iniziò la consuetudine di formare Coorti Praesidiarie con elementi reclutati sul posto. Già al tempo dell’Imperatore Massimiano il titolo di DUX era un appellativo onorifico e i ducati erano vastissime estensioni terriere costituite con la trasformazione delle piccole proprietà in latifondi. Il DUX o DUCTOR deriva dal Lux amministratore politico militare di epoca Diocleziano.
• “San Vicianzu” che deriva da Ante = prima +Vincus = specie di Fortezza naturale. Tale località viene prima della rupe con sopra la fortificazione e si trova immediatamente sotto di essa;
• “Taduasi” che non ha niente a che vedere con l’imperatore Teodosio ma deriva dal greco Toikos =Mura + sùseis= verso occidente o da susis = scos = tramonto. Quindi Tatuai significa mura occidentali rivolte verso il tramonto e questo fa supporre l’esistenza di una fortificazione in muratura o con una palizzata di legno a protezione della rupe dove probabilmente vi era una torre d’avvistamento ( vi sono tracce di un pozzo circolare, oggi riempito di terra, sulla parte più alta della Pietra dei Monaci nel Rione Pioppi).
Da notare che il verbo greco Teiχixo significa fortificare con un muro.
• “Sutta a scaledda” dal latino Sub= sotto+ Acies= milizia + desinenza diminutiva Etta o sub+ arx = castello+ etta che indica la strada posta sotto Rione Pioppi che porta alla località Caria.
• “ Pietra dei Monaci” luogo in cui si trovava la fortificazione dal greco petra= pietra + Amyno= difendo o amynikos= difensivo. Quindi pietra posta a difesa o pietra difesa.
• “Cannavu” che deriva dal greco Kannabion =magazzini militari che probabilmente servivano per le provviste di grano. Non risultano coltivazioni di Cannabis o canapa.
• Grutta de Scarpellini dal franco skara = schiera + greco Palaios =antico o + polìtsion= piccola città
Altra interpretazione farebbe derivare in termine Cirifharcu dal greco kairos= abitato che tradusse in greco bizantino il preesistente nome latino VICUM ma è difficile stabilire se questo termine può essere collegato o attribuito al villaggio bizantino esistente in località Carìa (Chorion= villaggio o karion = luogo di noci) o a Girifalco dove presumibilmente si rifugiò parte gli abitanti di questo Chorion a seguito delle invasioni barbariche e delle incursioni saracene o, cosa più probabile, per sfuggire alla malaria che imperversava, con effetti mortali, nei luoghi pianeggianti con presenza di acquitrini e fiumi come nel caso della località Caria molto vicina al fiume Ghetterello. Porterebbero anche essere esistiti due villaggi (chorion) diversi di cui fu abbandonato solo quello esistente in località Carìa.
La più nota interpretazione, molto discutibile e comunque non documentata, farebbe derivare Cirifharcu dal greco Kir = signore (in latino Dominus) + Falcus che significherebbe che il posto sarebbe stato di proprietà di un “Falcus”.
Versione Precedente dell'articolo sulle origini del nome "Girifalco"
Girifalco divenne comune nel cosiddetto decennio francese, cioè tra il 1806 e il 1815. Nello stemma distintivo venne accolta la comune leggenda dalla quale pare discenda il nome della cittadina: un falco volteggia ad ali spiegate nel cielo azzurro, dall’alto di una torre. Sull’etimologia del nome Girifalco molto si è scritto e il problema resta a tuttoggi insoluto, visto che nulla di scritto supporta alcuna delle tesi proposte. In un vecchio articolo del giornale “La tribuna illustrata”, del 7 Febbraio del 1937, si legge: “Girifalco deve la sua nascita alla morte di due paesi, Toco e Caria, distrutti dai Saraceni nell’836. Gli scampati all’incendio e al macello si rifugiarono sopra una rupe chiamata “Pietra dei Monaci”, sita in località Pioppi, e respinsero ogni assalto lanciando, in disperata difesa, le pietre strappate alla montagna. Furono chiamati, quei prodi, una “Sacra Falange”, e, da quel loro nome, detto in greco, venne il nome del loro nuovo nido: Girifalco”. L’opinione comune comunque è che il nome derivi dal girovagare di un falco intorno all’abitato.
Lo studioso Giovanni Alessio, nel suo “Saggio di toponomastica calabrese”, rimanda ad un “Kurios-Falcos, Dominus Falcus”, ma il suo Kurios-Falcos è un presbitero in agro civitatis Nohae, parte contraente di un rogito del 1118. Questa soluzione etimologica pare quindi poco convincente. Appare fuori dubbio che il rapace abbia a che fare col nome della cittadina, opinione condivisa da tutti coloro che si sono interessati al problema. Uno scrittore e viaggiatore inglese, tale Lear, percorse a piedi il sud Italia, e così scrive nel suo “Diario di un viaggio a piedi”: “Arrivai ad una città di montagna chiamata col delizioso nome di Girifalco... probabilmente se uno potesse scavare nella sua storia, potrebbe trovare che il nome arrivi ai Normanni o probabilmente al più grande dei falconieri, Federico II”.
Per il sovrano svevo, Girifalco, al centro dell’istmo di Catanzaro, poteva costituire una postazione strategica: dall’alto di Monte Covello si scorge l’uno e l’altro mare e una guarnigione, quindi, sarebbe andata più che bene. Non dobbiamo inoltre ignorare che un pezzo dell’artiglieria antica si chiamava proprio Girifalco. Ed ancora: la chiave della soluzione potrebbe essere ricercata nell’ambiente di corte del sovrano di Sicilia. Allora era in voga la caccia con il falco e vi erano i falconieri, ufficiali di corte preposti all’allevamento e addestramento dei falconi.
Probabilmente un falconiere risiedeva da quelle parti, visto che la zona di Girifalco in alcuni periodi dell’anno costituisce un passaggio obbligato di questi uccelli, cosa citata anche in alcune guide turistiche (”Incontro con la Calabria”, editore La Ruffa RC; “Catanzaro, la provincia del sole”, Aci 1988). Non solo Girifalco porta nel suo stemma un uccello, Catanzaro ha un’aquila bicipite, Gerace uno sparviero rampante in campo aperto. A proposito dello stemma di Gerace, si narra una leggenda simile a quella di Girifalco. Vincenzo Cataldo, nel suo “Gerace”(edit. Arti Grafiche), scrive: “La leggenda, e si sa che sovente queste hanno uno spessore realistico, narra che dopo la tremenda incursione araba del 915, i superstiti Locresi, seguito il volo di uno sparviero posatosi sopra il massiccio roccioso, abbiano fondato, o meglio rinforzata, una nuova munita cellula urbana che meglio si prestava ad essere difesa”. Il parallelismo tra le due leggende è evidente.
Ancora scrive Cataldo: “L’ipotesi più affascinante fa derivare il nome della città da Hierax, rapace che nidifica abbondantemente su questa altura”. Ogni altra parola in merito sarebbe superflua. Però, a questo punto, la ricerca sull’etimologia del nome della nostra cittadina potrebbe apparire aperta ad altre prospettiva. N. Tommaseo, nel “Dizionario della lingua italiana”, alla voce Girifalco scrive: “la prima parte del vocabolo può essere il greco ierax che vuol dire sparviero, falco”. Avremo così la ripetizione dello stesso termine in due lingue diverse, come nel caso di Linguaglossa, il grosso centro dell’entroterra catanese.